martedì 19 agosto 2008

LAPEDONA HERE WE COME (oggi sposi)


"L'amore si può medicare, comprare, regalare, si può trovarlo per caso sulla strada, ma non si può estorcere...", questo scriveva Hermanne Hesse, in Siddharta.

Questo scritto, mi è balenato in mente, seccandomi la bocca, mentre stringevo la cravatta all'entrata della chiesa, mentre sinuose figure femminili, nei loro vestiti di sfoglia, mi sfilavano accanto, le cravatte si stendevano prepotenti sotto giovani visi un imbarazzati....
Vedere i miei compagni di merende, sempre in tenuta bermuda ed infradito, ed ora tramutati in lord inglesi proprio mi scombussolava;
mentre nella mia testa, divampavano gli incendi, suonavano sirene, ululavano i clacson e fischiavano le gomme, nel trambusto della confusione interiore, è bastato un passo oltre quel ramo per scorgere il dolce sposino, e tutto è tornato quieto.
Ora che l'avevo di fronte, mi sentivo più calmo; tutta l'attesa per questo matrimonio, aveva scaturito una paura mistica, una sorta di cerimonia oscura: dové'è Diego? Dove l'avete rinchiuso? Dopo i vostri giochetti, sarà ancora lo stesso che segnerà da fuori area o offenderà pesantemente arbitri su arbitri? Sarà sempre quello che ti cingerà le spalle quando avrai i tuoi momenti di sconforto?
Questi sono stati i pensieri da celebro leso che mi hanno violentato mentre sfilavo nel mio completo bianco, ma poi abbracciarlo, sentire i suoi muscoli tesi come corde di violino, e vedere i suoi occhi stanchi ma di una felicità folle, mi ha fatto tornare con i piedi per terra, anche se ancora barcollante.

In chiesa si respirava una strana atmosfera: un miscuglio di commozione, frenesia, affetto e gioia, vagava per i banconi, strisciava sui volti e li segnava con espressioni fisse e concentrate, maschere a tratti sorridenti a tratti serie, tutto era fermo, eppure tutto si scuoteva....
Poi, ad un tratto, i bisbigli si sono soffocati, le scarpe hanno smesso di tacchettare, e la chiesetta si è fatta più luminosa: anche il fruscio dei rami si è affievolito, stendendo tutto il silenzio di un dolce pomeriggio estivo, come tappeto rosso all'entrata della sposa: sembra un luogo comune dire che era bellissima, ma da inesperto sbarbatello di matrimoni, posso assicurarvi che la sua immagine, è stata un abbaglio per tutti: la sua espressione era un sole d'Africa, che nasceva all'alba di un amore con l'anello al dito, il suo vestito l' avvolgeva di luce, prorompente di eleganza classica, e stra bordante di giovane euforia, lo strascico candido si trascinava dietro i suoi piedi, insieme a tutti gli occhi dei presenti.

Nella mia ignoranza di fringuello ancora non alfabetizzato all'amore, reduce solo di qualche storia dal sapore acerbo, o notte dalle rosse passioni, o meglio ancora, costantemente ammaliato dal tocco dell'inesauribile FEDERICA, mi sentivo come un inetto tra i dotti, mentre intorno l'orchestra di singhiozzi e soffiate di naso era iniziato, a spezzare il rumore dei passi della sposa.
E' bastata un immagine per farmi tornare di nuovo in me: ho visto lo sposo e la sposa, le loro spalle e le loro sagome scure di fronte alla santità dell'altare, due giganti tra mille formiche, ho visto un padre trattenere a stento le lacrime, guardingo e geloso dei suoi tesori, fiero e felice di un figlio tremulo sull'altare, e della sua sposa, dolce e gentile, capace di rapirlo ad ogni sguardo.

Mi è bastato questo per farmi alzare gli occhi e prostrarmi davanti alla grandezza di divenire una cosa sola, tuffarsi l'uno dentro l'altra, continuando il cammino in una regione remota, lontana dalle ingiurie e dalle ingiustizie, dalle bugie e dai nascondini, vivendo solo dei frutti dei vostri sorrisi e delle vostre carezze.

A Serena, una conoscenza acerba che spero possa maturare, gentile, forte e dolce, ed ad un vecchio amico, Diego, che ricordo ancora con una capanna di capelli biondi ossigenati in testa, e ritrovo con l'abito elegante e gli occhi lucidi.

Felici ed innamorati....tutta la vita...